relazioni tossiche

Il mondo in cui viviamo è condizionato dal problema del controllo. Le persone che esperiscono lo schema della sottomissione hanno la percezione che siano altre persone della loro vita a comandare: si sentono dominati dalle persone che gli stanno vicino. Alla base della sottomissione c’è la convinzione di dover compiacere gli altri, come genitori, fratelli, amici, insegnanti, colleghi, superiori, ecc., tranne sé stessi.
La sensazione della sottomissione è gravosa poiché implica il soddisfacimento continuo delle esigenze degli altri, che è ovviamente una responsabilità troppo grande ed estenuante. La vita perde così gran parte delle gioie e delle libertà personali. Al centro dell’attenzione del soggetto sottomesso non c’è ciò che vuole e sente lui, ma ciò che vogliono gli altri affinché siano felici di lui o con lui.
Essere sempre attenti e concentrati sui bisogni degli altri toglie comprensione ed anche consapevolezza ai desideri e bisogni propri, portando di fatto passività.
Le persone con una tendenza alla sottomissione ritengono di essere soggetti con cui “si può andare sempre d’accordo” e che possono “essere utili agli altri”. Questo schema riduce l’autostima, ci si sente come non avere dei diritti legittimi rispetto agli altri.

Esistono due tipi di sottomissione:
Autosacrificio (sottomissione legata al senso di colpa);
Remissività (sottomissione legata alla paura).

Autosacrificio. Le persone con questo schema si sentono responsabili del benessere degli altri; sono eccessivamente empatiche: sentono la sofferenza degli altri e vorrebbero alleviarla. È una sottomissione volontaria.
Questa trappola attinge la sua forza principalmente dal senso di colpa. Ci si sente in colpa ogni volta che si antepone se stessi agli altri, o se non riesce ad alleviare la sofferenza di qualcuno o ad aiutarlo in qualche modo.
Il sacrificio di sé presupponte la doverizzazione nell’aiutare gli altri. Vengono alimentate e rinforzate credenze quali “se qualcuno mi chiede un aiuto glielo devo dare”, oppure “non posso dire di no”, ecc. si tratta della classica sindrome da crocerossina/o: provate attrazione per i più deboli o per chi vi chiede aiuto.

Remissività. Questa tipologia ti sottomissione assume che si attribuisca agli altri più potere di quanto abbiano. Probabilmente chi ha questo schema è stato sottomesso da piccolo, oppure umiliato, od ancora non gli è stato permesso di esprimere i propri bisogni, opinioni od emozioni. Allora la sottomissione è stata adattiva e funzionale per il bambino perché gli ha permesso di sopravvivere, ma adesso è inattuale e crea disturbo nella vita della persona, soprattutto a livello emotivo e relazionale.

Comune denominatore di queste due tipologie di sottomissione è il ruolo della rabbia. Il fatto di sentirsi schiacciati da una moltitudine di sentimenti ed emozioni intensi che derivano sostanzialmente dalla non-soddisfazione dei propri bisogni personali (soprattutto emotivi) porta il soggetto a covare rabbia e ad esprimerla (eccezionalmente) in maniera inadeguata: con scoppi di rabbia, acting, od ancora in maniera passiva attraverso sotterfugi verbali, bullismo indiretto, ecc. Ad alimentare questo modo disfunzionale di esprimere la rabbia ci sono diverse credenze non adattive come avere l’opinione che sia pericoloso e sbagliato manifestare agli altri la rabbia, ed ancora che la rabbia si possa manifestare solo in maniera distruttiva e non in maniera adeguata al contesto e secondo una scala di intensità (per esempio da 0 a 100, e non sempre la rabbia sarà 100, ma dipenderà dal significato che il soggetto attribuisce all’evento o allo stimolo).

Come posso cambiare lo schema della sottomissione?
Ecco qui di seguito alcuni passi che compiamo insieme ai pazienti in terapia:

  1. Andare all’origine: esplorare i ricordi associati allo schema. Quando è comparso? Connettersi con il bambino che è stato sottomesso.
  2. Riconoscere le situazioni che nella quotidianità pongono in una situazione di sottomissione, cioè quando si attiva lo schema, e quando vengono sacrificati i propri bisogni per altroColtivare i propri interessi di vita e ciò di cui si ha bisogno.
  3. Riconoscere ciò che si fa per gli altro o che si da agli altri e quello che gli altri fanno per voi.
  4. Riconoscere i propri comportamenti passivo-aggressivi. Sentite la rabbia.
  5. Chiedere a chi vi interessa quello di cui avete bisogno.
  6. Diminuire i contatti con le persone che sono troppo esigenti, che vi chiedono troppo.
  7. Imparare a delegare, dire di no e ad affermare voi stessi essendo assertivi.
  8. Non scegliere partner bisognosi o tirannici perché rinforzano lo schema.

Consigliamo di fare questi passi insieme ad un aiuto esperto. Di solito si affrontano questi schemi con psicoterapeuti cognitivo comportamentali che utilizzano un approccio denominato “schema therapy”.
L’obiettivo della terapia non è snaturare la persona, perché l’intento di aiutare gli altri ed essere solidali con i bisognosi di aiuto è molto bello. Questa vocazione però non deve essere di disturbo alla persona; cioè, l’attenzione ai bisogni degli altri non deve diventare eccessiva, ma soprattutto non deve frustrare i bisogni e i sentimenti delle persone che vorrebbero dare l’aiuto.

Riferimenti bibliografici:
Young, Klosko, Weishaar, (2007), Schema Therapy, Firenze: Eclipsi.
Young, Klosko, (2004), Reinventa la tua vita, Milano: Raffaello Cortina.

Dott. Jean Floris