relazioni tossiche

Le manifestazioni dell’autismo sono molto varie e per questo si parla di spettro autistico. Esistono vari livelli di gravità, da forme più sfumate ad altre molto acute cui spesso si accompagna un quadro di ritardo mentale. Ancora oggi, non potendoci riferire alle cause, nella maggior parte dei casi ignote, l’autismo viene definito in base a comportamenti osservabili.
Come indicato dal sistema diagnostico DSM-5, il disturbo dello spettro autistico si manifesta quando si osserva:

  • un deficit nell’area della comunicazione sociale, che comprende il deficit nella comunicazione (sia linguaggio verbale che non verbale) e il deficit sociale (capacità di interagire socialmente con gli altri);
  • un deficit di immaginazione, ovvero un repertorio ristretto di attività ed interessi e comportamenti ripetitivi e stereotipati.
    Questi due fattori sono anche conosciuti con il termine di “diade sintomatologica”.

I bambini e le bambine con autismo manifestano importanti difficoltà in aree fondamentali che sono alla base dei processi cognitivi e sociali per l’apprendimento di nuove abilità; abilità che i coetanei sviluppano quotidianamente e i modo naturale. L’interazione reciproca, la comunicazione e il gioco risultano, pertanto, particolarmente inficiate.
Il linguaggio verbale, quando presente, risulta spesso non adeguato al contesto e con scarso utilizzo dei gesti comunicativi. Le attività di gioco sono per lo più di tipo ripetitivo, con isolamento e con deficit nell’immaginazione. Inoltre, presentano difficoltà ad esternare i propri sentimenti e a leggere i sentimenti altrui, oltre ad essere caratterizzati anche da una diversa sensibilità agli stimoli ambientali come una ipo o iper sensibilità ai rumori e agli stimoli sensitivi tattili o gustativi (es. se chiamato per nome non si gira, ma avverte il minino rumore di una caramella che si sta scartando in un’altra stanza; o toglie sempre le scarpe preferendo di camminare scalzo anche in luoghi non opportuni come a scuola o a casa di altri).
Tali difficoltà rendono molto complicata la vita quotidiana delle famiglie coinvolte. I genitori, si ritrovano molto spesso ad essere gli unici intermediari del proprio figlio. E molto spesso, anche loro, vivono la frustrazione di non riuscire, efficacemente, a comunicare con essi. Non sono insolite scenate epocali a scuola, al supermercato o per strada proprio per questo tipo di difficoltà. Quando le parole non riescono ad esprimere i desideri e/o i disagi; o non si comprendono regole o convenzioni sociali in genere, si possono presentare una serie di situazioni spiacevoli in grado di mandare in tilt qualsiasi persona.
I cosiddetti comportamenti problema hanno quasi sempre la funzione di comunicare qualcosa anche se la modalità è fortemente disfunzionale. In genere, si possono classificare in 3 macro tipologie di questi comportamenti:

  • richiesta di qualcosa di concreto e tangibile (gioco o cibo es.) o di attenzione;
    una fuga e/o evitamento da un compito noioso o difficile;
  • comportamenti di autostimolazione (es. lo sfarfallamento delle mani, dondolarsi sulla sedia, vocalizzi etc.).

Affrontare i primi due tipi di comportamento problema risulta essere “più facile”, nel senso che si può lavorare direttamente e concretamente insegnando al bambino comportamenti alternativi che sostituiscono in modo funzionale quelli che poc’anzi abbiamo definito problematici, purché abbiano la stessa funzione comunicativa. Proattivamente, si può pensare di inserire un sistema di comunicazione alternativo e/o aumentativo i cosiddetti CAA (SEGNI o PECS); si struttura la giornata del bambino in modo da alternare spesso attività di gioco, svago a sessioni di lavoro/compiti maggiormente impegnativi, si inseriscono dei patti di lavoro (token economy) e eventualmente si possono ideare delle strategie reattive, da mettere in pratica a posteriori, per minimizzare la possibilità di ripresentarsi dello stesso problema.
Per i comportamenti autostimolatori, invece, la questione non è così lineare, poiché per definizione si tratterebbe di comportamenti così intrinsecamente gratificanti che l’unico modo per ridurli potrebbe essere impegnare il bambino in molteplici attività, giochi ed esperienze. In questo modo, l’obiettivo è che bambino abbia a disposizione sempre meno tempo e meno voglia per mettere in atto questi comportamenti poco funzionali e soprattutto molto disturbanti per gli altri.
È chiaramente comprensibile sperimentare sentimenti molto forti e ambivalenti difronte all’autismo; ognuno ha bisogno dei propri tempi e modi per accettare una diagnosi, che inevitabilmente condizionerà tutta la vita. Ma una volta superata la fase della disperazione e del profondo dolore si dovrà entrare nella fase operativa, quella del fare con e per il proprio figlio.
Risulta utile, in questa fare, non rimanere soli ad affrontare la mole di “lavoro” che è necessario fare, ma appoggiarsi ad associazioni, fondazioni o enti permetterebbe di risparmiare molto tempo ed energie indirizzando efficacemente i genitori e/o familiari sul da farsi e a soprattutto a chi potersi rivolgere.
Angela Segreto