fobie

Vi è mai capitato di aver paura di volare e pertanto di dover rinunciare all’aereo che vi avrebbe condotto in luoghi difficilmente raggiungibili con altri mezzi?

Avete mai avuto così tanta paura dei cani da non avvicinarvi nemmeno a un inoffensivo e simpatico cucciolo?

Vi capita di procrastinare gli esami del sangue per paura della sua vista o della siringa del prelievo?

Alcune persone presentano paure specifiche (fobie) che, spesso, possono invalidare lo svolgimento di azioni e/o attività quotidiane. Questi soggetti, pur essendo consapevoli della reazione sproporzionata rispetto a uno stimolo, non riescono ugualmente a gestire la paura o l’ansia che viene suscitata in modo automatico da esso. La strategia, considerata più appropriata in quel momento, è quella di mettere in atto l’evitamento dello stimolo o della situazione temuta non pensando che così non si fa altro che consolidare questo circolo vizioso (APA, 2014).

La Terapia Cognitivo Comportamentale propone una tecnica efficace per il superamento delle fobie che si basa sul controcondizionamento da mettere in atto sia in immaginazione sia in vivo. Wolpe, in particolare, ha teorizzato il trattamento delle fobie individuando risposte opposte alla paura (es. il rilassamento) e nell’istruire il paziente a metterle in atto nelle situazioni temute. (Wolpe, 1975).

Con la Desensibilizzazione Sistematica il soggetto è in grado di ridurre e/o di eliminare le risposte di paura e i comportamenti di evitamento a esse associate. Il terapeuta procede pertanto a:

  • insegnare al paziente una risposta antagonista dell’ansia
  • esporre gradualmente la persona a stimoli fobici che generano in lui risposte d’ansia (in vivo o in immaginazione).

L’esposizione alla fobia viene ripetuta fino a quando lo stimolo perde del tutto la capacità di determinare le reazioni apprensive.

Come prima cosa il paziente viene istruito attraverso il training di rilassamento progressivo di Jacobson. Questo rilassamento muscolare profondo determina la diminuzione della frequenza del polso, della pressione sanguigna, della resistenza cutanea e favorisce una respirazione più lenta e regolare. Questi benefici si possono ottenere allenandosi a tendere e rilasciare alternativamente i propri muscoli mentre si presta attenzione alle azioni e alle sensazioni interne percepite in quel momento. (Wolpe, 1975). Allo stesso tempo paziente e terapeuta costruiscono una gerarchia di stimoli ansiogeni (legati alla paura specifica) in ordine crescente in base all’ansia che provocano.

In ultimo il paziente viene esposto, in immaginazione, alla situazione-stimolo fobica controcondizionando i pensieri disturbanti con il rilassamento muscolare appreso. Partendo dallo stimolo meno ansiogeno fino ad arrivare alla situazione più temuta, il soggetto riuscirà a ridurre e/o eliminare le sue risposte fisiologiche.

Riprendendo l’esempio citato all’inizio dell’articolo, la persona che presenta una fobia legata al volo riuscirà a gestire l’ansia a essa associata dal primo grado della gerarchia (es. l’idea di fare un viaggio e di dover chiamare un’agenzia) fino all’ultimo grado (es. essere effettivamente seduti in aereo in volo).

Questa tecnica è molto versatile e può essere impiegata anche con i bambini chiedendo loro di immaginare le situazioni ansiogene come se fossero delle avventure dei loro supereroi preferiti. In questo caso sarà l’eroe con il quale il bambino si identifica – e di conseguenza il bambino stesso – a vincere le situazioni di paura dalla più agevole alla più problematica. (Franceschina, Galeazzi, 2004).­­­­

Bibliografia:

APA (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Franceschina, E., Galeazzi, A. (2004). Il modus operandi della terapia cognitivo-comportamentale. In A. Galeazzi, P. Meazzini (Ed.), Mente e comportamento. Milano: Giunti Editore.