blue whale

Blue Whale è il nome di un gioco online nato in Russia nel 2013.  Il folle “gioco”, secondo alcuni approdato anche in Italia da alcuni mesi, prevede una serie di prove consistenti in veri e propri atti di autolesionismo di livello crescente da svolgere in un periodo di 50 giorni. Il protocollo è assegnato al giocatore e controllato da un “curatore”. L’obiettivo finale è il suicidio della vittima.
Il termine Blue Whale (“balena blu”) fa riferimento al comportamento delle balene che, a un certo punto della vita spiaggiano e muoiono, senza apparente motivo. Le vittime ideali sono i teenager. È proprio in adolescenza, infatti, che si è attratti dalle sfide, occasioni reali per mettersi in gioco, misurandosi con se stessi e con gli altri, nel tentativo di superare aspetti propri dell’infanzia e attraversare fasi maturative che permettano di entrare nell’età adulta.
Mentre il fenomeno della “Blue Whale” ha ricevuto un’attenzione significativa da parte dei media, sono oggi disponibili poche prove attendibili sia dell’esistenza del gioco, sia del suo ruolo nei diversi suicidi o negli atti di autolesionismo commessi. Inoltre, le interpretazioni del fenomeno, più o meno attendibili, sono svariate e fonte di confusione: di cosa si tratta esattamente? Depressione indotta? Cyberbullismo? Manipolazione psicologica della vittima da parte dei curatori, basata sulla fragilità tipica dei ragazzi di questa età? Secondo il mito del lavaggio del cervello alcune persone esperte, magari psichiatri e psicologi, avrebbero grande facilità manipolatoria nei confronti di altri soggetti. Pensiamo anche solo all’immaginario che si è creato nel tempo rispetto all’ipnosi, considerata (a torto) da molti come tecnica attraverso la quale un soggetto controlla un altro soggetto.

Chiariamo fin da subito che è assurdo pensare che uno sconosciuto possa convincere un adolescente a suicidarsi “contro la sua volontà“. Nei casi di “Blue Whale” descritti in Russia esiste però la possibilità che ci siano stati episodi di istigazione al suicidio in soggetti che già avevano un propensione suicidaria. Infatti, è importante considerare che la frequenza di suicidi e atti autolesionistici in adolescenza è elevata e che questi fenomeni, espressione del disagio giovanile, sono sempre esistiti, anche quando non andava di moda la “Blue Whale Challenge”.

In definitiva è necessario capire se si tratta di un fenomeno reale o un racconto inventato dai media o dagli adolescenti stessi per accrescere la propria popolarità attraverso falsi allarmismi sociali e simulazioni dei ruoli nel gioco. Ad oggi, i presunti casi segnalati in Italia sono, molto probabilmente, un (prevedibile) effetto collaterale del gran clamore mediatico offerto al fenomeno.
Altrettanto fondamentale è spostare il focus sull’importanza  dell’attenzione dei genitori verso i figli e il loro passare il tempo in rete.

Molto spesso, infatti, la rete e le nuove tecnologie in generale, vengono utilizzate come modalità per non stare in relazione in famiglia, evitando conflitti e confronti, tipici di questa età.

Dott.ssa Alice Caloiaro

Il centro clinico Mental Care propone una serata sul tema dal titolo “Blue Whale. Quando internet uccide” che si terrà mercoledì 7 giugno dalle ore 21:00 alle ore 22:30 nella sede in via Issiglio 111/7 a Torino. Durante l’evento si proporrà una rilettura critica del fenomeno e verranno esposti i rischi collegati a un uso inappropriato della rete da parte degli adolescenti e le opportune strategie per scongiurarli. Alla presentazione seguirà un dibattito sulla tematica. L’evento è gratuito e aperto a tutti.